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Donna Summer, l’ultimo ballo

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di Filippo Ferrari Bellisario

La recente morte di Donna Summer, notizia abbastanza fragorosa nel mondo della musica e dei musicofili, finita d’altre parte nel tritacarne del flusso ininterrotto di notizie che a livello globale si rincorrono svilendo fatalmente il peso di ogni avvenimento, può essere, pur in una dimensione relativa, spunto di una riflessione che va al di là della storia della musica ma che abbraccia la cultura occidentale degli ultimi 40 anni. È infatti, LaDonna Andre Gaines, in arte Donna Summer, una delle icone di una (sotto?) cultura tipica dell’ultimo periodo del ‘900. Una cultura in fondo non “popolare” se intendiamo di scarsa fattura, ma sicuramente orientata ad esserlo. Una cultura che scardinava definitivamente i legami con la tradizione ottocentesca, che portava le masse verso l’anthropos contemporaneo, oltre alla rivoluzione industriale, oltre al secolo delle ideologie e delle loro declinazioni politiche, oltre le religioni tradizionali verso il culto del sè, dalla società agricola basata sul lavoro fisico verso la società “leggera” dedita alla cura, ossessiva, del corpo.

Al di là delle personali valutazioni valoriali che ognuno può fare della cultura americana basata sul consumismo, che si è poi radicata in Europa e in quasi tutto il pianeta con le ovvie deviazioni e reazioni, è interessante constatare come la Summer sia veramente stata uno dei punti di riferimento e di ispirazione, tutt’ora viva, non solo in campo musicale. Il sodalizio con Moroder, geniale e sofisticato compositore altoatesino, tra i padri della musica elettronica, sembra suggellare in musica il passaggio verso una nuova dimensione dell’essere. I sintetizzatori di Moroder, alba della nuova sensorialità dell’uomo tecnologico, con i suoi suoni e ritmi artificiali, fanno da colonna sonora a una intera generazione tra discoteca, film, pubblicità, moda, sport. La voce e il corpo di Donna Summer, evocativa perfino nel nome d’arte, la “donna” che si emancipa in modo provocante e aggressivo, la “estate” sinonimo del divertimento e della vacanza aperti finalmente a tutte le masse, che impone un modello di erotismo più patinato, luccicante, invitante. I suoni di Moroder, figli di straordinarie intuizioni musicali e tecnologiche, educheranno generazioni di dj evolvendo in una musica sempre più estrema, tribale, “bassa”. Il soffio erotico sussurrato da Donna Summer in Love to Love You Baby evolverà da mantra suggestivo ed ipnotico (il singolo originale durava 17 minuti) in un modello di sessualità esagerata, plastificata, volgare, pornografica.

Come gli anni ’70 proponevano la scandalosa ribellione sessuale di Porci con le ali (del 1976), con l’immaginario sessuale ancora vincolato a questioni politico – ideologiche, o la sofisticata perversione del Delta di Venere di Anais Nin (pubblicato e diffusosi a fine anni ’70 anche se in effetti di 30 anni precedente), così due decenni dopo abbiamo dovuto leggere Melissa P. Sarà per questo motivo che Donna Summer è stata molto rivalutata dalla critica musicale negli ultimi anni. Indiscutibilmente dotata di talento vocale, ha rappresentato uno straordinario momento di frattura culturale, di salto antropologico. Ha dischiuso alle masse le porte del divertimento e del piacere, dalla balera di provincia alla discoteca ricca di lustrini e luci stroboscopiche. La disco music segna l’apertura alle masse di un parco giochi prima riservato alle elite economiche e culturali, la classe operaia entra in discoteca, come rappresentato simbolicamente dal personaggio di Alex Owens in”Flashdance”, film le cui musiche sono firmate, ovviamente, da Moroder. Donna Summer, e con lei la disco music, hanno veramente inciso un segno indelebile nella storia della cultura, inventando un nuovo modo di cantare, di ballare, di suonare, di vestire, di parlare, di essere. Che poi questo salto abbia portato verso l’imbarbarimento della cultura è altro discorso, e non è certo colpa sua.

Oggi forse stiamo arrivando al capolinea della folle corsa della cultura consumistica di impronta americana. In attesa di quella “fine del mondo” che tanto suggestiona, la musica, le arti figurative, la letteratura, si interrogano su cosa ancora ci sia da dire e fare, quasi tutto fosse stato divorato in un’unica dionisiaca orgia culturale e sociale. Una festa lunga 40 anni, non male. Però ora, siamo arrivati alla fine, la discoteca sta chiudendo; rimane tempo per un’ultimo, malinconico, ballo? Lei direbbe di sì, illusoria come una sirena: “Come on baby, let’s dance tonight”.