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Le petites madeleine

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Marcel Proust, À la recherche du temps perdu

di Adalgisa Crisanti

“Erano già molti anni che di Combray tutto ciò che non era il teatro e il dramma di coricarmi non esisteva più per me, quando in una giornata d’inverno, rientrando a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di prendere, contrariamente alla mia abitudine, un po’ di tè. Rifiutai dapprima, e poi, non so perché, mutai d’avviso. Ella mandò a prendere uno di quei biscotti pienotti e corti chiamati Petites madeleine, che paiono aver avuto come stampo la valva scanalata d’una conchiglia di san Giacomo. Ed ecco, macchinalmente, oppresso dalla giornata grigia e dalla previsione di un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzetto di madeleine. Ma nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di biscotto toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m’aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M’aveva subito reso indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità inoffensive, la sua brevità illusoria, nel modo stesso in cui agisce l’amore, colmandomi d’un essenza preziosa: o meglio quest’essenza non era in me; era me stesso. Avevo cessato di sentirmi mediocre, contingente, mortale”.

L’odore e il sapore della madeleine scatenarono in Proust il ricordo della propria infanzia, permettendo al passato di irrompere prepotentemente e in maniera del tutto inattesa nel presente. La grande intuizione di Proust fu, dunque, che l’olfatto e il gusto hanno un ruolo fondamentale per la memoria e per il recupero dei ricordi.

I circuiti cerebrali che la madeleine scatenò in Proust sono stati messi in luce grazie a uno studio italiano pubblicato su Science.

Le madeleine o petites madeleine sono tipicità francesi. Si tratta di piccoli e soffici dolcetti dalla particolare forma a conchiglia, derivata dallo stampo in cui vengono cotte. Il sapore è simile a quello del plum cake, sebbene la consistenza sia leggermente diversa, con un aroma di burro e limone più pronunciato.

Le ricette tradizionali consigliano in genere gli ingredienti di base per qualunque dolce: 120 g. di farina, 2 uova, 120 g. di burro, 100 g. di zucchero, 2 cucchiai di latte, mezzo cucchiaio di lievito e nocciole finemente tritate.

Le arancine di Salvo

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di Paula Scalamogna

“Adelina ci metteva due jornate sane sane a pripararli. Ne sapeva, a memoria, la ricetta. Il giorno avanti si fa un aggrassato di vitellone e di maiale in parti uguali che deve còciri a foco lentissimo per ore e ore con cipolla, pummadoro, sedano, prezzemolo e basilico. Il giorno appresso si pripara un risotto, quello che chiamano alla milanìsa, (senza zaffirano, pi carità!), lo si versa sopra a una tavola, ci si impastano le ova e lo si fa rifriddàre. Intanto si còcino i pisellini, si fa una besciamella, si riducono a pezzettini ‘na poco di fette di salame e si fa tutta una composta con la carne aggrassata, triturata a mano con la mezzaluna (nenti frullatore, pi carità di Dio!). Il suco della carne s’ammisca col risotto. A questo punto si piglia tanticchia di risotto, s’assistema nel palmo d’una mano fatta a conca, ci si mette dentro quanto un cucchiaio di composta e si copre con dell’altro riso a formare una bella palla. Ogni palla la si fa rotolare nella farina, poi si passa nel bianco d’ovo e nel pane grattato. Doppo, tutti gli arancini s’infilano in una padeddra d’oglio bollente e si fanno friggere fino a quando pigliano un colore d’oro vecchio. Si lasciano scolare sulla carta. E alla fine, ringraziannu u Signiruzzu, si mangiano!”

Dopo aver letto uno dei racconti di Camilleri, di quelli che hanno come protagonista Salvo Montalbano, al lettore non potrà non “salire l’acquolina in bocca”. Prenderà carta e penna e inizierà a scrivere tutto l’occorrente di cui, nel racconto, Adelina ha bisogno. Sapete per cosa? La risposta è molto semplice. Per cucinare. Già, proprio per quello. Perché tra gli elementi che contraddistinguono la scrittura dell’autore ultra ottuagenario e  rendono il suo stile inconfondibile vi è quello di “svelare” (oltre all’esito delle indagini) la ricetta dei succulenti piatti, tipicamente siculi, di cui il commissario è ghiotto. L’associazione della sfera visiva e olfattiva a quella del gusto renderà l’immersione nell’immaginaria città di Vigàta ancor più piacevole.

Non dimenticate che altrettanto deliziosi sono gli arancini al burro, con besciamella e prosciutto e quelli agli spinaci, pensati apposta per i vegetariani.

Andrea Camilleri, Gli arancini di Montalbano, Mondadori, 1999, p. 343.

Una Apple pie con gelato “on the road”

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di Paula Scalamogna

“Ho viaggiato per l’America, da una costa all’altra, su autobus, treni,  piattaforme trainate da camion, su piedi mai troppo stanchi per calpestare la strada che mi avrebbe portato ad ovest. Ho mangiato torta di mele con gelatodiventava sempre più buona man mano che ci si addentrava nello Iowa, le fette più grosse, il gelato più cremoso. Ho passato mesi a folleggiare in notturna per le città più sfrenate del paese; ho ascoltato i padri del jazz soffiare l’anima nei loro strumenti e scalfirsi le dita sui tasti neri e bianchi della loro malinconica tristezza. Ho amato da lontano delle ragazze così belle da non poter essere sfiorate nemmeno dalla compassione e ne ho baciate altre con le quali avrei potuto essere felice, forse un giorno, forse mai. Ho bevuto, ho fumato, ho giocato, ho ballato, ho urlato, ho dormito, ho riso, ho scritto”.

Queste le parole di Sal, protagonista insieme a Dean del romanzo autobiografico di Jack Kerouac On the Road (1957). Tra i temi trattati dall’autore, oltre al meraviglioso viaggio alla scoperta del paesaggio americano, le droghe, l’alcolismo, l’alienazione del sottoproletariato,  il tutto vissuto a ritmo di bebop, l’amore per la torta di mele e il gelato (cibo goloso e abbastanza economico) accompagna i due giovani protagonisti in questa esperienza “mistica” fuori dal comune.

Per i lettori golosi, ecco la ricetta originale della famosa Apple Pie con gelato (compagna di viaggio di un’intera generazione on the road):

La classica torta di mele americana prevede due strati di pasta, uno inferiore e uno superiore, che contengono al loro interno un morbido ripieno di mele.

Per l’impasto:

  • 150 grammi di farina bianca
  • 50 grammi di burro
  • 2-3 cucchiai d’acqua fredda
  • Un pizzico di sale

Per il ripieno:

  • 800 grammidi mele
  • 60 grammidi zucchero
  • $50 grammi di farina bianca
  • Mezzo cucchiaio di cannella in polvere
  • Mezzo cucchiaio di noce moscata in polvere
  • Un pizzico di sale

La preparazione originale prevede l’assenza di zucchero, forse perché nei tempi lontani in cui nacque questa torta lo zucchero costava molto (oggi se si desidera un impasto più dolce si possono aggiungere due o tre cucchiai di zucchero).

Disponete la farina a fontana su una spianatoia, ponete al centro il burro ammorbidito e il pizzico di sale e cominciate a lavorare gli ingredienti, aggiungendo poco alla volta l’acqua fredda. Lasciate riposare l’impasto in frigo avvolto da una pellicola trasparente. Tagliate le mele a fette e ponetele in una ciotola, irrorandole con succo di limone e zucchero.

A questo punto prendete la pasta frolla dal frigo, dividetela a metà e stendete una parte dell’impasto sul fondo di una teglia imburrata. Versate all’interno della pasta il composto di mele cospargendolo con tanti fiocchi di burro e, se volete un ripieno più cremoso, anche con un po’ di panna liquida (è preferibile usare panna dolce e non panna acida). Sulla superficie del dolce posizionate l’altro disco di pasta e bucherellate l’impasto con una forchetta. Mettete il tutto in forno preriscaldato a 180° e lasciate cuocere per 35 minuti.

Se preferite fare come Dean e Sal, aggiungete alla torta del gelato alla vaniglia o alla crema.

Jack Kerouac, On the road, Oscar Mondadori, 2006, p. 406.